Parole: strumento di benessere
Published: Wednesday, August 03rd, 2016 - H.09:44AM
Author: Stefania Carlotto
Le parole traducono i nostri pensieri, esprimono emozioni e stati d’animo e possono evocare sentimenti e momenti positivi o, al contrario, indurre ansia, disperazione, rabbia.
Se ne coglie l’importanza constatando che nutrono o avvelenano la nostra anima e la nostra mente, sono rosolio o sono vetriolo.
Decidere di evitare le persone che ci trasmettono sensazioni negative è farsi del bene interiormente;
scegliere delle letture che possano trasportarci in contesti che ci fanno sognare, o pensare, o incuriosire è un altro modo per schermarci e proteggerci da valanghe di oppressioni dello spirito e della mente.
Al pari di tutto quello che rientra nella nostra normalità, o nelle nostre consuetudini, anche alle parole non sempre diamo la dovuta importanza, ritenendole spesso solo un mero strumento di comunicazione.
Pensiamo allo scempio che se ne fa negli sms (abbreviazioni o inserimenti di lettere “fonetiche” per velocizzare la scrittura) o nella comunicazione televisiva
(conduttori di telegiornali che leggono le notizie con il fiato strozzato, ignorando la punteggiatura, magari intercalando il discorso con degli inudibili “ehmmm”).
Se poi alla piattezza del tono, è associata pure una voce sgraziata, ecco che le mie orecchie ne rifiutano l’ascolto, a prescindere dall’argomento.
Sembra davvero che tutto quanto ci circonda operi per renderci la vita disarmonica, cacofonica e incolore.
Stupirsi che depressioni e nevrosi avanzino mi sembra incredibile, dal momento che siamo esseri complessi e che tutto ciò che ci circonda contribuisce al nostro equilibrio.
Mi capita spesso di spostarmi per lavoro e, quando è possibile, prediligo il treno.
Essenzialmente per due motivi: il primo è che strade e autostrade sono talmente intasate da far detestare la guida anche ad un pilota di Formula 1,
il secondo è che mi piace ascoltare e parlare con i “compagni di viaggio”.
Ogni persona ha qualcosa da raccontare, storie piacevoli, a volte intriganti, altre ancora banali o deprimenti.
Ma quello che accomuna tutti è il bisogno di condividere, di trovare una sorta di conforto, di sfogare tensioni interiori.
Di tutto questo ho fatto motivo di riflessione e ho dedotto che molto spesso manca una cosa: una parola “buona”, detta con tono pacato.
Troppo spesso, infatti, siamo mossi dalla necessità di vomitare parolacce, cattiverie e ogni sorta di pensieri negativi che il nostro personale vaso non riesce più a contenere perché è arrivato all’orlo.
Non ci rendiamo conto che, investendolo con la nostra immondizia interiore, non facciamo certo un bel regalo al nostro interlocutore!
Da queste riflessioni è derivata la mia decisione di condannare all’inascoltabilità tutti i discorsi che abbiano in sé una qualsiasi forma di negatività:
che siano pettegolezzi atti a distruggere, che siano notizie terrificanti, che siano pensieri deprimenti. Basta! Il motivo?
Non servono a cambiare lo stato delle cose che stiamo vivendo, ma, ahimè ci destabilizzano e minano il nostro benessere interiore.
Discutere animatamente al punto di farsi venire il mal di fegato o l’ulcera aiuta forse a trovare la soluzione? No.
Discuterne invece con un certo distacco mantiene la nostra lucidità (essenziale per trovare la via d’uscita di un problema) e preserva il benessere dei nostri corpi:
fisico, spirituale, mentale.